Il piacere nobilita l'uomo. Arte, erotismo, società
- redazione-koverart
- 26 ott 2022
- Tempo di lettura: 2 min
Sono lontani i tempi di Savonarola che bruciava le stampe erotiche quattrocentesche o del Braghettone che nel Cinquecento ricopriva di braghe, appunto, i nudi di Michelangelo nella Cappella sistina.

Fin dall’antichità l'espressione artistica ha dovuto fare i conti con la morale dell'epoca, con la sfera del lecito e del proibito e man mano che la società si liberava di certi tabù, questo si rifletteva sull'arte, e viceversa.
Oggi viviamo tempi di libertà (verrebbe da dire) eppure non è proprio così, o almeno dipende da ciò che s'intende per libertà, soprattutto in riferimento al tema erotico, che più di tutti deve continuamente combattere con la percezione collettiva e il condizionamento "in voga" in un tal periodo e in un tal luogo.
Accade quindi che nel 2017, una manciata di anni fa, i manifesti della mostra londinese dedicata all’artista Egon Schiele in occasione dalla sua morte vengono definiti "eccessivi" e censurati. Nello stesso anno negli Stati Uniti una petizione chiede al MET di togliere un'opera di Balthus, "Thérèse Dreaming" (ritratto di fanciulla sognante) perché colpevole di romanticizzare il voyeurismo di una bambina.

Sono lontani i tempi dell'inquisizione dunque, e anche quelli della campagna hitleriana contro l’arte “degenerata”, eppure ogni epoca ha la sua forbice che taglia là dove qualcosa disturba, stride, accusa, invoglia.
Eppure la cosiddetta rivoluzione culturale degli anni Sessanta/Settanta, aveva fatto tanto sperare: migliaia di giovani in lotta contro lacci e laccetti, impegnati in una campagna di liberazione sessuale senza precedenti.
Sono gli anni di opere d'arte come “Sex parts and torsos” (1977) di Andy Warhol, raccolta di polaroid esplicite di parti e atti sessuali, o di Made in Heaven (1980) di Jeff Koons, scultura in cui l'artista si accoppia con la sua partner porno star Cicciolina.
Naturalmente da sempre l'arte in qualche modo affronta il tema erotico, censurata o meno. Nei decenni precedenti non si possono dimenticare i lavori di Picasso (“Entretien”, anni Venti), Schiele e Matisse (nei primi del '900) e di tanti altri che attraverso l'arte davano espressione alla tensione erotica dei corpi umani.
Abbiamo quindi due forze che viaggiano insieme intrecciandosi, combattendosi, trasformandosi a vicenda: la pulsione verso un'espressione libera dell'erotismo e la parallela tensione a frenarla, nasconderla, accusarla, temendola.
E come dimostrano i fatti del 2017 raccontati poco sopra, il gioco continua.
Una cosa non aveva considerato Herbert Marcuse quando acutamente ed ottimisticamente scrisse "Eros e civiltà" nel 1955: il tempo. Forse insieme a lui, molti pensavano che l'umanità si sarebbe liberata per sempre da censure e paure, ma non è stato così. Tutto ciò che stimola o evoca il piacere terrorizza la maggioranza del genere umano, in ogni epoca, a prescindere dalla forma che assume. In riferimento ad "eros" Marcuse spiegava: "Sebbene il termine richiami il concetto greco di desiderio amoroso, non si riferisce solo all’atto sessuale, ma a tutto ciò che stimola il piacere umano, cioè la fantasia, la creatività, l’entusiasmo e il desiderio alla vita"
Cos'altro è l'erotismo se non una manifestazione vitale? Cos'altro sono la censura e la persecuzione se non una tendenza necrofila? Sono gli antichi Eros e Thanatos, pulsione di vita e pulsione di morte.
Finché c'è lotta tra questi aspetti resiste l'utopia alla base del pensiero di Marcuse (e non solo) e cioè di una società basata più sul piacere che sul dovere.
Il piacere nobilita l'uomo.
Miriam Fusconi
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